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Geopolitica Europea

Il Mediterraneo e il Fallimento chiamato Libia

I paesi rivieraschi hanno perso la memoria del Medioevo e dalle antiche gesta sono finiti nello scantinato della storia. I britannici sono gli autentici padroni insieme ai loro figli statunitensi, ai gregari egiziani e al più numeroso esercito del Mediterraneo, i turchi. Nessun Stato europeo del Sud è al comando del Mediterraneo. Lo sancisce la storia senza il minimo affanno.

Era il 12 giugno 2009 quando il leader della Libia Muammar Gheddafi faceva attendere tutti i deputati italiani per circa due ore prima che l’allora Presidente della Camera Gianfranco Fini decidesse di annullare la visita.

Il colonnello Gheddafi ritardò a causa della preghiera del venerdì  e si scusò successiva con D’Alema e Pisanu che andarono a fargli visita nella sua tenda montata a Villa Pamphili. Il Presidente del consiglio Berlusconi andò con grande riverenza alle 23.00, un’ora alquanto bizzarra per una visita.

“Sono il leader dei leader arabi, il re dei re dell’Africa e l’imam dei musulmani” così amava appellarsi Gheddafi che non risparmiò nessuno in quella visita incontrando anche la Marcegaglia, presidente di turno di Confindustria. con cui parlò di svolta nelle relazioni tra Italia e Libia. Un clima sereno, disteso e cordiale di una classe dirigente democratica, di fronte ad un dittatore al potere da 40 anni nella pacifica ex colonia italiana.

L’ 11 marzo 2011, poco più di un anno e mezzo dopo, il regime del colonnello fu bombardato a seguito di una no-fly zone autorizzata dall’ONU e resa esecutiva dai paesi NATO. Furono a favore della risoluzione anche gli stessi D’Alema, Pisanu e Berlusconi.

Gheddafi morì l’11 ottobre di quell’anno ad opera dei futuri capi della Libia, il Consiglio di Transizione Nazionale appoggiato dalle Nazioni Unite. Italia inclusa. Nessuna cordialità o segno di reverenza fu mostrata per la sua tragica morte e pensare che era atteso a parlare alla Camera dei Deputati italiana poco meno di due anni e mezzo prima.

Tutta la fiducia fu riposta dall’Italia come da  altrove nel Pianeta sul Consiglio di Transizione Nazionale (CTN). Riconosciuto dall’ONU, popolare in patria e ampiamente finanziato dalle rimesse dovute al petrolio (il 97% delle entrate dello Stato libico vieniva dallo sfruttamento dell’Oro Nero), il CTN aveva tutte le premesse per costruire la nuova Libia.

Nel luglio del 2012 le prime elezioni a suffragio universale della storia del paese africano produssero il Generale Congresso Nazionale (GCN), frutto della rivoluzione.

Quando il colonnello Gheddafi cadde, il numero di rivoluzionari armati stimati dal CTN era di 60.000 unità. Poco più di anno dopo erano 200.000 divisi in più di 500 milizie, la metà delle quali provenienti da una sola città Misrata.

L’opera del Congresso non riuscì a pacificare una nazione profondamente divisa tra regionalismi, tribù e etnie. La Libia fu creata nel 1963 unendo la Cirenaica nell’est, il Fezzan nel sud e la Tripolitania nell’ovest; una divisione che è stata lenita dal colonnello Gheddafi tra il 1968 e il 2011 con l’islam e il paternalismo statale finanziato dal petrolio.

A febbraio del 2014 dopo la fine del mandato del GCN, gli stessi parlamentari decisero di non abbandonare la poltrona, violando la neonata Costituzione.

Da allora la Libia è piombata nel caos. Gli USA avevano già abbandonato la partita dopo l’uccisione dell’Ambasciatore Chris Stevens, a Bengasi nel settembre del 2012.

Da quel momento in poi esplose la guerra civile in Libia e dopo cinque anni non dà ancora segni di cedimenti. Furono creati due governi e due governatori di due banche centrali libiche. L’esercito aveva due generali come comandanti in capo divisi per linee etniche. I soldati delle tribù arabe gravitavano intorno a Dignità e al generale Haftar. I Misratani (cittadini di Misrata) e i berberi, inferiori numericamente, orbitavano intorno ad Alba della Libia (ADL).

Anche il territorio seguiva i suoi contendenti. ADL controllava la maggior parte dei punti nevralgici del territorio(la Cirenaica e la parte dell’ovest del Fezzan)  compresa la capitale Tripoli mentre i miliziani di Dignità, meglio equipaggiati, la Tripolitania e l’altra parte del Fezzan.

Dignità dichiarava di essere il normale alleato degli USA e del generale al Sisi presidente dell’Egitto nonché acerrimo nemico dei Jhiadisti islamici. ADL consideravano se stessi i veri depositari della Rivoluzione contro Gheddafi, e per questo stavano continuando la loro lotta per evitare una nuova dittatura militare.

Provati dal fallimento in Afghanistan e in Iraq, gli Occidentali e l’Europa guardavano la situazione deteriorarsi.

L’ Italia, l’ex potenza coloniale, era l’ultimo paese ad avere un’ambasciata funzionante a Tripoli. Turkish Airlines, l’unica compagnia aerea rimasta a volare in Libia aveva sospeso i voli il 6 gennaio del 2014.

L’ Egitto, che condivideva una frontiera di 6.000 km, e la Tunisia avevano chiuso le frontiere. Nemmeno con Gheddafi il paese era così chiuso al mondo esterno.

L’isolamento e l’embargo sulle armi delle Nazioni Uniti non avevano impedito il proliferarsi del conflitto. La storia voleva che Dignità fosse alleato dell’Egitto di Sisi e degli Emirati Arabi Uniti (EAU) che avevano tra l’altro inviato uomini e aerei da combattimento a suo sostegno.  Il Qatar, i rivali del Golfo dell’EAU e la Turchia non facevano mancare la loro vicinanza agli islamisti e ai misratani.

Come se non bastasse, il piccolo porto di Derna nell’est della Libia aveva la fama di aver inviato più jihadisti per persona a combattere in Iraq che altrove nel mondo. Il Nord est del paese era in mano alle tribù Tuareg che avevano già tentato un colpo di Stato in Mali. La produzione di petrolio era passata dagli 800mila a i 100mila barili al giorno.

Era il 2014 e da quel caos sono probabilmente scaturite le migrazioni di massa che hanno riversato centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini in Italia. Il volgo vorrebbe dei colpevoli, ma è difficile trovarli visto che la tragedia libica è un fallimento trasversale dovuta alla cattiva gestione del Mediterraneo, un mare che dal Settecento in poi ha avuto solo Stati egemoni distanti.

I paesi rivieraschi hanno perso la memoria del Medioevo e dalle antiche gesta sono finite nello scantinato della storia. I britannici sono gli autentici padroni insieme ai loro figli statunitensi, ai gregari egiziani e al più numeroso esercito del Mediterraneo, i turchi. Nessun Stato europeo del Sud è al comando del Mediterraneo. Lo sancisce la storia senza il minimo affanno.

Nelle ultime passerelle per risolvere i problemi libici, che si sono succedute in Francia e in Italia (quasi facessero a gare per aggiudicarsi un ruolo che di fatto non avevano) non figurano tra i partecipanti americani, britannici o turchi. Non hanno preso parte perché il futuro del Mediterraneo non è roba da diplomatici, ma è legato alla volontà di potenza citando Nietchze.

Haftar e Serraj sono delle pedine il cui manovratore è rimasto segreto. Non credete alle parole perchè, nel Mediterraneo, solo i fatti parlano.

 

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.