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Viva il Boycott Fund

Le parabole sulle spiagge italiane sono ricche di pittoresche derive campaniliste e nazionaliste. Il Recovery Fund ha acceso i riflettori sui prossimi demoni: gli olandesi. Vi racconto un’idea stramba per disegnare l’ignoranza intorno alla questione.

“Cosa pensi dell’Europa e degli olandesi che si oppongo al Recovery Fund, visto che scrivi in quella pagina Facebook, come si chiama?”
“Il Diario di Geuropa”
“Ah Già cosa pensi?”
“Penso che invece che con il Recovery Fund bisognerebbe fare il Boycott Fund.”
“E che cos’è?”
premessa
Lo scherno e la fustigazione sulle spiagge italiane e sui social è contro gli olandesi, colpevoli di opporsi al Recovery Fund ossia a quello strumento europeo inserito nel bilancio UE che permetterebbe allo Stato italiano di finanziarsi con i soldi dei paesi più benestanti utilizzando anche l’emissione di debito comune.
L’italiano medio, basso o alto spesso addita l’olandese perché non ci permette di spendere i soldi pubblici degli altri come cavolo vogliamo.
Non ha tutti i torti; Roma, essendo la terza economia dell’UE, si oppone a ogni forma di cessione di sovranità e apparentemente è una giusta cosa in una famiglia normale dove i figli sono tutti uguali.
Lo Stato italiano ha iniziato però a indebitarsi dopo 6 mesi dalla sua nascita; era il 1861. Qualche decennio prima gli olandesi hanno nazionalizzato l’Indonesia, il più grande arcipelago del mondo comprandola da un’azienda anch’essa olandese.
Diciamo che Amsterdam ha iniziato il suo impero
capitalista ben prima dei debiti sovrani.
Non siamo quindi storicamente tutti uguali e questa non è una famiglia normale.
IL RACCONTO
La storia del Boycott Fund la Inizio sempre così:
“Il capitano inglese Charles Cunningham Boycott (1832-1897), un amministratore terriero vissuto nel XIX secolo in Irlanda.
Come amministratore del conte di Erne, ricco proprietario terriero della contea di Mayo, non rifuggiva da vessazioni verso i contadini suoi dipendenti.
Fu così che la Lega irlandese dei lavoratori della terra, l’Irish Land League (un’organizzazione che sosteneva le istanze dei braccianti terrieri e che aveva iniziato una campagna in favore di migliori condizioni lavorative dei contadini alla quale Boycott aveva tentato di opporsi) adottò nel 1880 un’azione non violenta; contro Boycott fu infatti lanciata una campagna di isolamento e non collaborazione: i vicini di casa iniziarono a non parlargli, in chiesa nessuno si sedette più vicino a lui o gli rivolse la parola, non fu più servito nei negozi né ebbe più braccianti da ingaggiare per il raccolto nelle tenute che gestiva.
Le terre del conte cominciarono a inaridire e Boycott fu licenziato.”
“Interessante quindi?”
“Il termine Boicottare deriva da Boycott e viene utilizzato per congiurare contro un nemico utilizzando una forma di azione volta a minare la sua credibilità.
L’Olanda ha il volume più alto di Investimenti Diretti Esteri al mondo 5 volte il suo PIL. Vuol dire che moltissime aziende mondiali hanno la sede in Olanda.”
“BOICOTTIAMO L’OLANDA?”
“Esatto – dico io – e con i soldi messi da parte grazie alle tasse e ai commerci fatti in Italia ce lo facciamo noi il Boycott Fund.”
“Forte la tua idea e da dove cominciamo?”
“Bè! Non devi più comprare auto FCA o Ferrari, guardare Mediaset, bere Campari, scaldarti con ENI o illuminarti con ENEL, telefonare con Telecom, bere caffè Illy, vestire occhiali Luxottica e mangiare meredine Ferrero.”
“Stai scherzando?”
“No, sono tutti marchi con sede ad Amsterdam – dico io- Siamo tutti una grande famiglia ma i parenti sono come le scarpe: chiù so strett’ e chiù fan’male.”
È andato via con la pelle arancione…
VIVA IL BOYCOTT FUND
Foto Imelda via unsplash

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.