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Voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia. Scontro tra UE e Polonia. Oppressi o Oppressori?

La legge polacca è superiore a quella dell’Unione Europea. Scoppia il caos. Bruxelles blocca il Recovery Fund e in Polonia torna l’ossessione storica. Come finirà?

C’è una canzone che mi ronza nella testa quando succedono queste diatribe tra le istituzioni sovranazionali e le capitali dell’Est Europa che hanno sperimentato il socialismo reale (o presunto tale). Si intitola LIVE IN PANKOW ed è dei CCCP, un gruppo del genere punk in voga nella penisola negli anni ‘80. Il ritmo martellante ruggisce nel ritornello dove, dopo la prima strofa:

Voglio rifugiarmi sotto il patto di Varsavia

Voglio un piano quinquennale, la stabilità

vengono elencate alcune capitali del blocco sovietico precedute da Live, verbo e status britannico:

Live in Mosca, live in Budapest
Live in Varsavia
Live in Sofia, live in Praga
Live in Pankow

Per assaporare la melodia e il Punk vi invito ad ascoltare e vedere questo video non ufficiale girato in Polonia ante crollo del Muro di Berlino:

Pankow è un distretto di Berlino e prima della riunificazione apparteneva alla Repubblica democratica tedesca (DDR) o Germania dell’Est. Parto da questo sapore un pò nostalgico e goliardico per descrivere lo scontro in atto tra Bruxelles e Varsavia.

É un qualcosa di già visto nelle sterminate pianure a Est dell’Oder e del Neiße. Tra la nebbia emerge la nebbia del passato. Un’ossessione che vede il paese slavo, di alfabeto latino e di religione cattolica incapace di governarsi da solo.

Questo scontro sulla predominanza del diritto comunitario sul diritto polacco secerne l’acne purulento della storia. Questo cardine essenziale della complessa struttura sovranazionale dell’UE è stato contestato dalla Corte Costituzionale polacca che ha rimesso sopra la piramide del diritto la Costituzione nazionale rispetto ai Trattati sull’Unione Europea.

Un affronto senza precedenti che interseca nuovamente i binari dinamitardi su cui è nata l’identità nazionale polacca.

OSSESSIONE STORICA

La Polonia, infatti, ha subito molti colpi bassi dai paesi vicini. Le tre spartizioni ad opera dell’Impero Russo, prussiano e asburgico avvenute alla fine del 1700 pesano ancora sulla percezione storica del popolo.

Il peso della storia che marginalizza gli Oppressi …

L’Ottocento non ha cambiato lo scenario, anzi, si aprì con la sconfitta di Bonaparte e con il Congresso di Vienna e gli Stati, come il Ducato di Varsavia, che furono in qualche modo favoriti dal periodo napoleonico caddero di nuovo in disgrazia.

Il Ducato di Varsavia fu diviso tra il Regno del Congresso, il Regno di Prussia e la Repubblica di Varsavia. Nel 1832, i paesi egemoni si spartirono nuovamente i territori e il regno del Congresso e la repubblica di Varsavia finirono in mani russe, il primo, e in mani austriache, la seconda. Dopo alcune rivolte fu imposta una russificazione di massa delle componenti polacche dell’impero russo.

I polacchi sostanzialmente erano senza colpa in quest’Inferno; furono sempre additati come incapaci di governarsi e in mezzo a un gioco geopolitico prevaricatore e troppo più grande della loro capacità di battersi.

…consegnandoli agli Oppressori

La Grande guerra combattuta tra 1914 e il 1918 trasformò i confini e ridimensionò il ruolo degli imperi astiosi verso i polacchi. Nacque così la seconda repubblica di Polonia che cessò di esistere nel settembre del 1939.

La solidarietà francese e inglese contro la prepotenza nazista operò come evento storico nazionale: qualcuno finalmente corse in loro soccorso. Già Napoleone fu benevolo con loro, ma nessuno mosse guerra per salvarli nelle precedenti spartizioni settecentesche e ottocentesche. Il mito del polacco vessato e sventrato aveva finalmente dei portavoce.

L’occupazione nazista e poi la sovranità limitata brezneviana fecero dei polacchi il volto umano dell’oppresso fino a quando un uomo si scusò il 21 maggio del 1991 di fronte alla Knesset, il parlamento israeliano, per l’antisemitismo che aveva segnato il passato della Polonia, e aveva aggiunto che durante la guerra molti dei polacchi erano stati dei gentili giusti che avevano aiutato i perseguitati ebrei. “Bisognava però pure riconoscere che tra noi ci furono anche dei malvagi”.

Questo mea culpa fu pronunciato da Lech Walesa, premio Nobel per la pace nel 1983 e presidente della Polonia.

Caduto il Muro, nel 2003 la nazione entra a pieno diritto nella famiglia europea. Due milioni di polacchi si trasferiscono nei tre anni seguenti in Regno Unito per lavorare. La presunta serie B dell’Europa unita comincia a galoppare economicamente, ma i fantasmi ritornano. Nel 2018 il parlamento approva ai primi di febbraio una legge che colpisce penalmente chi parla delle vaste collusioni di polacchi con i nazisti nello sterminio degli ebrei.

Nel 2017, il sindaco di Danzica Pawel Adamowicz ucciso per mano di estremisti di destra ammonì: “L’abuso fisico è di solito preceduto dalla violenza verbale. In Polonia affrontiamo il brutalissimo linguaggio nel dibattito pubblico, da Kaczynsky fino agli slogan di piazza.”

Questo non poteva immaginarlo Lech Walesa Foto: voxnews

I rumori del passato riecheggiano e la Polonia oppressa si consegna agli oppressori. Il partito conservatore Giustizia e Diritto anti – europeista, nazionalista ed estremista vince sette elezioni in sette anni, ma per Bruxelles mina lo Stato di diritto.

Ha una giustizia troppo politicizzata che scardina l’equilibrio dei poteri, la sentenza della Corte Costituzionale è una prova; ha una legislazione discriminatoria riconosciuta nelle zone libere da LGBT cioè vietate ai gay (esiste una legge così); le politiche di ostracismo contro i migranti e le leggi contro l’aborto finiscono le obiezioni dell’Unione.

Ma il governo è democratico, questo a Bruxelles deve bastare!

Anche i tedeschi hanno ingerenze ben più grandi della giustizia sulla politica soprattutto nei Land. La Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, non può venire a pontificare una nazione che ha combattuto il nazismo e il comunismo e ora afferma la sua identità democratica.

Riassumo con questa piccola citazione sovrastante l’umore spicciolo di coloro che sostengono le tesi dell’esecutivo di Varsavia.

La politica di Bruxelles bisogna imparare a conoscerla: colpirne uno per educarne cento. Gli alleati di Visegrad non sembrano pertanto seguire la Polonia in questa crociata.

La posta in palio è il bilancio europeo 2021 – 2027 che è stato bloccato ai polacchi per “lesioni” allo Stato di diritto. Vuol dire niente Recovery Fund. Niente 39 miliardi di euro.

Le città sono dominate dai giovani mentre il nocciolo duro della società che vive fuori dai centri urbani è ancorato ad altri valori, più tradizionali, meno globali e più storicamente ossessivi. Kaczynsky schiaccia e domina.
LA PANDEMIA COME IL CROLLO DEL COMUNISMO

La sofferenza economica è peggiore nell’est piuttosto che nell’ovest. L’Europa orientale ha meglio contrastato la pandemia, ma questa recessione sarà brutta come quella della transizione dovuta al collasso del Comunismo.

Nei 5 anni seguenti il crollo del Muro di Berlino del 1989, il prodotto annuale degli ex paesi del blocco sovietico cadde per più del 40%.

I paesi dell’Est sono vulnerabili per tre ragioni: primo, le loro economie sono dipendenti dalle esportazioni, lasciandoli alla misericordia della domanda dei paesi esteri; la percentuale delle esportazione rispetto al PIL è del 96% per la Slovacchia e dell’85% per l’Ungheria mentre la Bulgaria si attesta al 67% e la Lettonia al 61%. Per un termine di paragone, la Spagna ha una fetta del 35%.

La seconda ragione è che i paesi europeo – orientali hanno meno capacità di finanziare piani di salvataggio economici nazionali. Non possono annunciare larghi deficit pubblici perchè gli investitori diventerebbero molto diffidenti nel finanziarli. Molti di loro hanno rapporti debito/PIL molto bassi ma con indici di affidabilità molto poveri.

L’Austria ha un debito pubblico tre volte la percentuale della Bulgaria, ma il suo rating per l’agenzia standard & poor’s è AA+ mentre l’ex paese comunista ha BBB.

In ultima analisi, molti paesi a Est della Cortina di ferro fanno affidamento su settori duramente colpiti dalla pandemia come il turismo. La Croazia per esempio ha un 25% della ricchezza nazionale prodotto da quest’ultimo. La contrazione del PIL è stata dell’11% nel 2020.

IL PERICOLOSO MONDO CAPITALISTA

La rudezza di questi dati indica che la Polonia è perfettamente ricattabile. Il veto minacciato a dicembre dello scorso anno insieme all’Ungheria questa volta non può funzionare. L’ossessione storica si scontra con la dura realtà dei numeri.

La minaccia del socialismo reale, per tornare a LIVE IN PANKOW, è stata soppiantata dalla minaccia dell’economia reale. Un qualcosa di estremamente pericoloso in mondo capitalista.

Invito a leggere un bellissimo saggio di John Maynard Keynes scritto nel 1919, Le conseguenze economiche della Pace. Il preludio della seconda guerra che nasce dall’ingiusta punizione imposta alla Germania dopo la fine della Guerra mondiale. Occhio a non ripetere la storia magari scrivendo le Conseguenze economiche di una sentenza.

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.