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Colombia: per non dimenticare Mario Paciolla e la Mattanza dei Leader Sociali

Mario potevo essere io, poteva essere un qualsiasi volontario internazionale, poteva essere vostro figlio. Non lo possiamo accettare. Non così.

Tutti devono sapere chi era Mario Paciolla.
Mario era un ragazzo di 33 anni, napoletano, volontario ONU, volato in Colombia per un progetto umanitario. Mercoledì 15 luglio 2020 alle ore 18 italiane, una avvocatessa dal sud America chiama la sua famiglia.
“Vostro figlio è stato trovato senza vita. Crediamo si sia suicidato” Ma qualcosa non torna e chi conosce Mario lo sa.
Era un ragazzo estroverso, che ha giocato a basket Napoli a Rione Alto e che ha viaggiato da sempre per missioni umanitarie. E’ stato ritrovato, senza vita, nel cuore di un quartiere poverissimo colombiano con tagli su tutto il corpo e strane lesioni, come di tortura.
“Io so solamente che dal venerdì 10, la scorsa settimana, mio figlio era in uno stato di grande sofferenza e agitazione” ha raccontato la mamma, “mi diceva testualmente: “mamma devo tornare a Napoli, devo assolutamente venirmi a bagnare nelle acque di Napoli, a casa”. Poi, poco dopo, mi chiamò e mi disse che aveva sbottato con alcuni dei suoi capi, che aveva parlato chiaro e che, così mi disse, si era messo “in un pasticcio”.
“Voglio precisare che mio figlio non tollerava le zone grigie. Era un uomo totalmente votato alla legalità e contro le ingiustizie.
Questa sua rivelazione, seppure accennata, mi mise in grande agitazione: so bene che mio figlio non tollera operazioni strane, o missioni non giuste. Ecco perché mi preoccupai molto”.
Solo pochi giorni fa, mi diede la bella notizia che mi aveva rassicurato e illuso: “Mamma ho trovato il biglietto aereo, per tornare, parto il 20 luglio. Eravamo tutti felici”
Poi la notizia, senza senso, del suicidio che sostengono le autorità locali. Un corpo martoriato e lesionato. Un volontario impaurito. Un ragazzo di questa città, Napoli, che voleva scappare da qualcosa che aveva visto o sentito.
Il governo adesso deve fare VERITA’.
Mario potevo essere io, poteva essere un qualsiasi volontario internazionale, poteva essere vostro figlio.
Non lo possiamo accettare. Non così.
Raccolgo e condivido questo appello di Davide D’Errico postato due giorni dopo la morte di Mario Paciolla.
Chi era Mario Paciolla?
Era un osservatore per le missioni delle Nazioni Unite in Colombia è stato ritrovato nel suo appartamento a San Vicente del Caguan a 700 chilometri da Bogotà il 15 luglio 2020. Napoletano classe 87, laureato in Scienze Politiche con una lunga esperienza di cooperazione internazionale, era in Colombia come garante dell’accordo di pace tra il governo colombiano e le Farc, gruppo armato rivoluzionario attivo da oltre 50 anni . Secondo la polizia Mario Paciolla è morto impiccato ma da subito sono emerse contraddizioni a causa di strane lacerazioni sul corpo.
Le settimane precedenti aveva rivelato una collega amica di Mario delle violente accuse che gli erano state rivolte da un altro collega. Lo accusava di essere una spia e per questo aveva confidato, sempre alla sua amica, di aver sbloccato un lucchetto del sottotetto per nascondersi in caso “mi venissero a prendere”.
Mario Paciolla spegne il cellulare alle 22.45 del 14 luglio, la sera prima di essere ritrovato morto.
Mesi di contraddizioni, depistaggi, teorie e silenzi. Silenzi che, nonostante il dolore e le ambiguità che portano con sé, potrebbero da una parte rappresentare il preludio alla verità e alla giustizia sul caso ma dall’altra anche la volontà di nascondere qualcosa, come ha fatto intendere la famiglia.
Alla commemorazione di Mario Paciolla, avvenuta a Napoli, quindici giorni dopo la sua morte, alte cariche politiche italiane, il Ministro degli Esteri Luigi di Maio e il Presidente della Camera Roberto Fico, accompagnate dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dal senatore Sandro Ruotolo, si sono impegnate a lavorare affinché si raggiunga la verità sul caso. Luigi Di Maio il 23 luglio 2020, aveva risposto all’interrogazione parlamentare.
Da quei giorni non ci sono state esternazioni pubbliche sul caso da parte del Ministero o da rappresentanti dello stato. Da più di un mese proviamo a richiedere telefonicamente e via mail dichiarazioni e interviste, ma senza successo, nonostante ci sia stato ribadito che il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha a cuore la vicenda e la vuole gestire in prima persona.
LA MATTANZA DEGLI ATTIVISTI
Nel frattempo in Colombia la tensione continua ad aumentare, dall’inizio dell’anno sono stati compiuti 11 massacri e 21 leader politici, sindacali, contadini, afrodiscendenti e indigeni sono stati assassinati. Il primo omicidio di un ex combattente delle Farc del 2021 è avvenuto nel Caqueta, la regione dove Mario lavorava con la Missione di Pace dell’Onu, dove Duvan Galindez Nadia è stato freddato con colpi d’arma da fuoco in un ristorante di Cartagena del Chairá.
L’impunità di questi crimini in Colombia è quasi totale: tra l’86% e il 94% degli omicidi rimane impune, percentuale che sale al 95% se si considerano i 310 omicidi di leader sociali del 2020.
L’attivismo ha avuto da sempre una pericolosa vocazione in Colombia. Dal 1980 ai primi anni del 2000 i gruppi di paramilitari di destra hanno ucciso sindacalisti, comunisti e leader contadini. Nella stessa maniera il gruppo guerrigliero delle FARC, che è stato smobilitato dopo un accordo di pace con il governo nel 2016, rapiva gli agricoltori che si opponevano a loro.
La pace non ha portato sicurezza ai leader sociali, come chiamano i colombiani gli attivisti. Almeno 400 difensori dei diritti sono stati uccisi dal 2016 secondo le Nazioni Unite.  710 secondo i colombiani. 19 solo lo scorso gennaio.
Ma perchè muoiono nonostante la pace formale?
Muoiono perchè difendono le cause dei più deboli. Mentre prima era tutto adombrato dalla guerra latente tra FARC e governo ora hanno apparentemente più voce e sono più pericolosi.
Difendono cause come i diritti degli indigeni e gli afro colombiani, la riforma della terra, la protezione dell’ambiente e la corruzione governativa.
Un’altra ragione ovvia è la crescita dei gruppi armati che in lotta per controllare il territorio lasciato vacante dalle FARC.
A Narinio nel sud est ovest della Colombia i narcotrafficanti attaccano gli avvocati che tentano di far lasciare la coltivazione della coca da parte dei contadini verso qualcosa di più legale, tipo il cacao.
Lo Stato rimane assente in larghe fasce di territorio. Un piano di azione nazionale per proteggere i social leader nel 2018 ha creato unità di protezione che provvedeva a fornire giubbotti anti proiettili, scorte e veicoli blindati. Misure spesso disattese perchè fuori Bogotà non arrivano gli ordini. La sfiducia degli attivisti  verso il governo e la lotta contro il Catrochavismo hanno fatto il resto. La Paranza degli attivisti continua.
Penso a Mario Paciolla, attivista, e penso che tutti devono sapere chi è Mario Paciolla.
Fonti:
Il Manifesto articolo del 6 febbraio 2021
Nessun luogo e lontano trasmissione Radiofonica del 28 luglio 2020.
Post di Facebook di Massi D’Errico del 17 luglio 2020 condiviso da migliaia di persone.

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.