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PrediElezioni Spagnole

Leggo con un certo sprezzante distacco i giornali nostrani che sulle elezioni spagnole appuntano coccarde al partito socialista oppure all’avanzata della forza oscura franchista di Vox; qualcuno inneggia alla rinascita della sinistra oppure all’arresto del populismo;

Leggo con un certo sprezzante distacco i giornali nostrani che sulle elezioni spagnole appuntano coccarde al partito socialista oppure all’avanzata della forza oscura franchista di Vox; qualcuno inneggia alla rinascita della sinistra oppure all’arresto del populismo; i peccatori italici vorrebbero degli untori per poter propagare epidemie malsane di fronte all’avanzare o all’arrestare di morbi geneticamente modificati sulla base della cospirazione politica a cui appartieni.

In Spagna c’è stato un pareggio: 11 milioni di voti sono andati alla sinistra, Podemos + Partito socialista (PSOE), e altri 11 milioni sono andati al centrodestra, popolari + ciudananos + vox; l’elemento determinante risulta essere il ruolo dei partiti politici catalani che rappresentano il vero ago della bilancia con un peso notevole nella formazione del governo. Sanchez, leader del PSOE, che ha governato bene con Podemos nell’ultimo anno ha ottenuto il 28% conquistando un ampio, ma non sufficiente margine sugli altri. E’ nella stessa condizione dei popolari che avevano preso il 33% nel 2016. Nessuna maggioranza è possibile senza compromessi.

Un dato risulta importante: un’affluenza che non si vedeva dal 1993, sintomo che gli spagnoli credono nella politica nonostante tutto; nonostante Jose Angel Fernandez Villa, ex guida di uno dei più grandi sindacati dei minatori della Spagna; nonostante Francisco Granados che è stato uno dei ministri chiave della regione di Madrid; nonostante Jordi Pujol che è stato il presidente della Catalogna per 23 anni. Queste tre personalità politiche influenti della Spagna del nuovo millennio, apparentemente distanti tra loro erano accomunati dall’essere delle mele marce che nascondevano ingenti somme di denari in conti correnti bancari esteri, mentre il paese sprofondava nel baratro di una grave crisi finanziaria senza precedenti.

Il sacco di mele marce scoperto non più di 4 anni fa ha solo portato una forte instabilità, ma non ha aperto un vero e proprio nuovo corso. La Spagna sembra non essere l’Italia e sembra non fidarsi di persone inesperte o abbindolatori dell’ultima ora; dopo gli scandali che hanno coinvolto membri trasversali, del partito popolare, dei sindacati, lo stesso presidente socialista catalano che aveva governato per 23 anni la regione, il popolo spagnolo non ha creduto a Podemos e nemmeno a Ciudananos confermando solo una “ridotta fiducia” ai partiti tradizionali che hanno continuato a governare e hanno comunque raggiunto una crescita economica notevole nell’ultimo anno, un +2,7%.

I popolari prima e i socialisti adesso, costituiscono un argine, ma non sono una diga perchè l’acerba tradizione democratica spagnola ha dei fortissimi anticorpi che si chiamano interessi che sono i veri debellatori dei cambiamenti. Gli spagnoli lo sanno ed è inutile fare finta di cambiare quando non è possibile farlo.

Il Gattopardo d’altronde è un opera italiana e non spagnola!

Solo una curiosità: un recente sondaggio ha stabilito che nonostante i cittadini immigrati siano il 14% della popolazione (dal 2,3% del 2003), l’83% degli spagnoli non li vede come una preoccupazione e nessuno dei candidati gli ha dato risalto.

In italia sono l’8,5% della popolazione.

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.