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Regionali del 26 gennaio, ovvero: di pugili suonati e iceberg sfiorati. La mia analisi del voto.

Matteo Salvini mi ricorda un pugile che quando vince, vince sempre ai punti.

È talentuoso e avrebbe le carte per essere il campione. Il suo problema è che nei grandi match, quando la tensione sale, quando sa che si sta giocando veramente il titolo, combatte fuori dalle sue caratteristiche e  prova a vincere per k.o., forzando l’andamento dell’incontro e finendo per scoprirsi.

Per vanità, per tensione, per cattivi consigli dell’allenatore, per poca lungimiranza. Ma succede.

E, quando questo succede, di solito è lui ad andare giù.

Negli ultimi 6 mesi è accaduto 2 volte: in agosto al Papeete e a gennaio in Emilia. Due suicidi politici in cui l’avversario non ha dovuto far altro che aspettare la sua auto-distruzione.

Già, l’avversario. Ma chi era l’avversario? In entrambi i casi non riesco a ben identificarlo, e temo non ci siano riusciti neanche lui e la sua squadra.

Chi era l’avversario in agosto? Di Maio? Conte? Renzi? (mi viene da ridere) Zingaretti? Mazinga? Tutti questi insieme? Boh. Tutto quello che so è che il Rocky Balboa de noantri ha attaccato alla cieca, menando ganci e diretti, colpendo solo aria e ritrovandosi per terra. E fuori dal governo, condizione che in un anno gli aveva garantito il raddoppio nei consensi, capitalizzato con il voto europeo.

Un’elezione, quella del 26 maggio, alla quale era invece arrivato piano piano, mettendo mattoncini, capitalizzando una strategia che andava avanti da molti mesi sulle stesse certezze. Contro l’Europa dei banchieri brutti e cattivi.

Fast Forward di 8 mesi. 26 maggio-26 gennaio.

Deve aver pensato che il voto di domenica 26 avrebbe portato bene. In questo caso, però, si avverte la mancanza di una strategia certa.

Contro chi siamo? Contro gli immigrati? Ma siamo stati al governo 1 anno, potevamo pensarci. Contro le sardine? Ma noi il popolo dobbiamo coccolarlo, e loro sono una parte importante del popolo emiliano. Loro riempiono le piazze e noi no. Contro il PD? Ma i dirigenti non si vedono, e Bonaccini si guarda bene dal coinvolgerli. Contro Bonaccini? Ma ha amministrato bene.

Ne è uscito un guazzabuglio indistinto di trovate quasi sempre poco riuscite (il citofono, i lamenti contro gli attacchi alla Borgonzoni o contro le sardine e altre amenità) e una sconfitta sonora.

Preventivabile in Emilia, per carità. Ma allora perché voler caricare questa elezione di così tanta valenza? Perché considerarla vitale addirittura per la tenuta del governo? Era una assurdità, stanotte deve averlo realizzato.

E stamani si è presentato così alla conferenza stampa.

Salvini e Borgonzoni alla conferenza stampa del 27 gennaio. credits: local team

Finalmente una notte in cui siamo riusciti a dormire qualche ora.” Esordisce. A me non sembra molto riposato.

Paonazzo, occhi lucidi, voce quasi rotta. Visibilmente provato.

Come un pugile che sa che avrebbe potuto vincere. Ma è andato al tappeto.

Una rapida considerazione sulla sinistra.

Non abbiamo perso, abbiamo non vinto” soleva dire Bersani, solitamente dopo aver perso (come nel 2012 con le amministrative di Parma).

Ecco, ribaltiamola. Il PD in Emilia ha non perso. O meglio: la vittoria consiste proprio nel non aver perso.

Perdere l’Emilia Romagna sarebbe stato un disastro per il centro-sinistra in questo paese e in questo senso sono d’accordo con Massimo Cacciari: si è evitata la catastrofe, il naufragio, e forse è giusto gioire anche di questo, dopo tante batoste. Ma non è che si stia veleggiando verso acque calme. Ce lo ricorda la Calabria, con il centrodestra a spodestare la controparte, e nel 2019 ce lo hanno ricordato Umbria, Piemonte, Basilicata, Sardegna, Abruzzo ed elezioni Europee. Tutte elezioni perse.

L’alta affluenza ha premiato supratutto Bonaccini, i dati dicono che rispetto a 5 anni fa la Lega ha triplicato i consensi (690mila croci sul carroccio contro le 230mila del 2014) e in generale la coalizione di centrodestra ha preso quasi il triplo dei voti rispetto a 5 anni fa. Non è bastato a spodestare Bonaccini, che ha raddoppiato rispetto alle scorse regionali. Ma il trend è chiaro, e fra 5 anni ci saranno molti meno emiliano-romagnoli che “hanno sempre votato a sinistra”.

Inoltre, se il PD per vincere in Emilia deve nascondere i rappresentanti nazionali, come si fa se si incappa in un’elezione politica? Un bel problema, credo che il congresso servirà proprio a questo.

Una rapidissima considerazione sul M5S.

Unico partito, in Emilia, ad aver perso voti (-50%) nonostante l’affluenza doppia.

Capo politico dimessosi una settimana prima del voto.

Facilitatore (qui rido davvero) che sbaglia il nome del candidato.

In Calabria prende meno voti rispetto a quanti percepiscono il reddito di cittadinanza, a dimostrazione che la riconoscenza non è un fattore in politica.

Solita retorica da: “Ci credono morti, si sbagliano, vedrete!

Vedremo.

 

Di Andrea Gozzi

Nerd a tempo pieno con la passione per la geopolitica. Passo un terzo della mia giornata lavorando per un'agenzia di Digital Marketing, il resto ad informarmi sul mondo. Sono il curatore tecnico del sito www.geuropa.it