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Monumental Indignados

Quando vinse il capitalismo, Lenin fu rimosso; i Jihadisti cancellarono le statue blasfeme. Da Eroi a Barbari, il triste destino degli eroi occidentali “usa e getta”: il lato oscuro del piedistallo delle statue.

Quando abbattono una statua penso sempre alla scena di “Goodbye Lenin” raffigurata in foto; molti storici invece guardano ai Jihadisti profanatori di statue: “non dobbiamo essere come loro” e si indignano.

Chi ha ragione? Chi vuole cancellare la memoria senza tenere conto dello Spirito del tempo oppure chi vuole mantenerlo, come gli storici, nonostante tutto perché “non siamo Jihadisti”? Tutto ricade nell’ipocrisia Occidentale “usa e getta” degli Eroi. Voglio raccontarvi questa storia sui Jihadisti, termine di paragone di questi tempi oscuri avendo loro abbattuto statue millenarie.

I Jihadisti ormai sono pienamente integrati nella geopolitica del Pianeta. Il sedicente Stato Islamico e il suo Califfo hanno espresso il volto barbaro della guerra santa islamica. Qualche decennio fa la Jihad era considerata un vero e proprio esempio di resistenza.

gli eroici combattenti della fede

Nel periodo che va dalla disfatta statunitense in Indocina (aprile – maggio 1975) e lo Stato di emergenza proclamato in Polonia nel dicembre del 1981, gli Stati Uniti e suoi alleati europei hanno creduto (o lasciato intendere) che Mosca avesse lanciato una grande offensiva globale:

  • Africa, Angola e Mozambico conquistata l’indipendenza guardavano all’Unione Sovietica come un futuribile modello;
  • America centrale, la dittatura filo – americana del Nicaragua viene rovesciata da guerriglieri marxisti;
  • Europa Occidentale il Portogallo, membro fondatore della NATO, viene governato per alcuni mesi da un governo comunista filo-sovietico.

L’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Armata Rossa simboleggia agli occhi del mondo, una fuga in avanti di quello che verrà nominato qualche anno più tardi dal presidente USA Ronald Reagan, l’Impero del Male. L’Unione Sovietica espandeva il suo blocco d’influenza e la guerra fredda era alla partenza di una nuova tappa.

La lotta dei Mujahedddin (“combattenti della fede impegnati nella Jihad”) afgani apparirà provvidenziale per contrastare le ambizioni egemoniche attribuite all’Unione Sovietica e verrà celebrata come un’epopea.

Ritornare a 40 anni di distanza sullo stereotipo dell’eroe combattente nella Jihad è un sintomo che consente di misurare fino a che punto quasi tutto ciò che ieri suscitava ammirazione, nel momento in cui si trattava di rendere popolare la lotta contro “l’Impero del Male”, sia divenuto fonte di paura e terrore.

i barbari jihadisti

Tra il 1980 e il 1988, in Occidente venivano applauditi i successi dei “combattenti della fede” contro l’Armata Rossa. A partire dal decennio successivo, i loro cugini d’ideologia in Algeria (Gruppo islamico armato, GIA), poi in Afghanistan (Talebani) e più recentemente nel vicino Oriente con al Qaeda e l’Organizzazione dello Stato islamico (Daesh) sono stati dipinti con i tratti dei “fanatici”, dei “folli di Dio”, dei “barbari”.

Sicuramente i mujaheddin degli anni Ottanta non compivano attentanti e si distinguevano per molti aspetti dai militanti dei gruppi jihadisti odierni, ma è altrettanto vero che l’Afghanistan è spesso servito da crogiolo e da incubatrice per i suoi successori.

Nomi illustri dell’attuale mondo del terrorismo internazionale hanno vissuto a Kabul. Osama Bin Laden è sicuramente il più famoso. Anche il giordano Abu Mus’ab al-Zarqawi considerato il “padre” dello Stato Islamico è arrivato in Afghanistan al momento del ritiro dell’Armata Rossa e li è rimasto fino al 1993.

Un altro noto personaggio, l’algerino Mokhtar Belmokhtar, morto circa una settimana fa dopo un attacco aereo francese in Mali, il cui gruppo, al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) ha combattuto con i mujhaeddin afghani l’Unione Sovietica.

La sensazione conclamata è quella di un cambiamento di visione del fenomeno dei combattenti della fede.

Finchè sono stati utili alla strategia statunitense erano visti come eroici agli occhi dell’Occidente. Dal momento che hanno smesso di combattere l’Impero del Male, semplicemente perchè si è dissolto, sembrano essere diventati dei barbari.

EPILOGO (provvisorio)

Il regime comunista afghano di Mohammad Najibullah sopravviverà ancora tre anni alla partenza, nel febbraio del 1989, delle truppe sovietiche. Poi, nel 1996, dopo diversi anni di scontri sanguinosi tra clan rivali, Kabul cade nelle mani dei talebani. Catturato l’ex presidente, che si era rifugiato in un edificio delle Nazioni unite, lo torturano, lo castrano, lo fucilano e appendono il suo corpo a un lampione.

Il 15 gennaio 1998, Le Nouvel Observateur chiede a Brzezinski (consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter, dal 1977 al 1981) se “non si sia pentito di aver favorito l’integralismo islamico, di aver fornito armi e assistenza a dei futuri terroristi”. Questa è la sua risposta: “Cos’è più importante nella storia mondiale? I talebani o la caduta dell’impero sovietico? Qualche islamista esagitato o la liberazione dell’Europa centrale e la fine della guerra fredda?”.

A pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca…

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.