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Israele e Palestina: chi guadagna dal Male?

Chi “sopravvive” grazie ai razzi di Hamas e alle bombe su Gaza?

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Ci risamo. Era nell’aria, ma nessuno osava esporsi. Continui botta e risposta perchè non c’è una soluzione a quella di opprimere un popolo e tenerlo in silenzio per così tanto tempo.
 
La colpa è della Geografia urbana di Gerusalemme. Lo ha detto anche Netanyahu:
“Tutto questo è una battaglia in corso per lo spirito di Gerusalemme la lotta secolare tra tolleranza e intolleranza tra violenza selvaggia e mantenimento di ordine e legge”.
 
E’ passato un anno e mezzo da quando l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pronunciato queste parole un riconoscimento per Gerusalemme che ne sancisce lo status di città di riferimento. Non solo per la Palestina, ma anche per Israele.
Una lunga contesa
Gerusalemme è di fatto contesa dal 1949 da quando cioè all’indomani della guerra vinta dagli israeliani la parte Ovest della città è passata sotto il controllo di Israele mentre la parte Est prevalentemente abitata dai Palestinesi è rimasta sotto l’influenza della Giordania.
 
La situazione è cambiata con la guerra del 1967 un’altra vittoria degli israeliani induce Israele a pretendere l’annessione dei territorio a Est.
 
L’Onu e la comunità internazionale non riconoscono l’annessione da parte di Israele, ma di fatto i territori palestinesi da allora vengono occupati dall’esercito israeliano e i cittadini palestinesi residenti in quelle terre cominciano a pagare le tasse al governo di Israele.
 
A complicare le cose il fatto che dentro Gerusalemme Est c’è la spianata delle moschee la cui moschea più importante è Al Aqsa  è stata costruita nel luogo in cui secondo l’islam il profeta Maometto è salito in cielo, ma nello stesso luogo quasi duemila anni fa sorgeva il tempio di Salomone principale luogo sacro per gli ebrei distrutto dai romani nell’assedio di Gerusalemme nel 70 d.C. del tempio rimane solo un muro esterno che oggi è diventato uno dei luoghi di culto più importante per gli ebrei è il cosiddetto muro del pianto.
 
Proprio una disputa sulle restrizioni decise da Israele sugli ingressi alla spianata delle moschee è alla base di una serie di violenze e scontri tra i due popoli contendenti dai violenti scontri innescati dalla visita alla spianata del leader del Likud Ariel Sharon da cui si originò la seconda intifada fino alle tensione cominciate pochi giorni fa il cui bilancio ad oggi è di centinaia di feriti.
La voce di Gaza

Gaza è una striscia di terra di 360 km² (più o meno grande come l’Isola d’Elba) corridoio tra Asia e Africa dove vivono circa 1 milione e 800 mila persone strette tra il mare e i muri di “sabbia” di due vicini ostili, Egitto e Israele. Dal 2007, dopo la guerra tra Hamas e lo Stato ebraico, i palestinesi di Gaza vivono isolati dal resto del Pianeta Terra.

Hamas, il partito palestinese di ispirazione islamica  al potere a Gaza dal 2006, ha molte colpe sulla situazione di isolamento del suo popolo. Oltre al rifiuto di collaborare con l’autorità palestinese, Hamas, dietro l’onda delle primavere arabe, ha abbandonato l’ombrello protettore della Siria e dell’Iran per abbracciare i Fratelli Musulmani egiziani del Presidente Morsi.

Estromesso Morsi, i Generali ora al potere a Il Cairo hanno distrutto il 90% dei tunnel attraverso cui i cittadini di Gaza si procuravano cibo e soprattutto carburanti.

La distruzione dei tunnel e la chiusura della frontiera di Rafah tra Egitto e Gaza hanno condannato alla dipendenza della Striscia da Israele. Lo Stato ebraico non è più presente militarmente a Gaza dal 2005, ma secondo gli accordi internazionali mantiene il controllo dello spazio aereo, le frontiere e la piattaforma continentale costiera di fronte la Striscia. In poche parole, Israele controlla il mondo intorno e sopra Gaza.

made in gaza

Secondo il settimanale britannico The Economisti militari israeliani alle frontiere permettano il passaggio di cibo, ma ostacolano l’esportazione dei prodotti made in Gaza. Insieme all’Egitto per paura della costruzione di tunnel da parte di Hamas, contingentano l’entrata dei materiali per le costruzioni edili e finanche l’importazione di pannelli solari, una delle principali fonti di energia elettrica per i palestinesi di Gaza.

Il risultato è che le madri sono costrette a stirare e pulire i gabinetti nell’oscurità della notte nei miseri momenti di ritorno dell’elettricità. Gli ascensori non funzionano ed è difficile raggiungere i piani più alti degli edifici. Gli agricoltori sono incapaci di irrigare i campi a causa della scarsità di carburante e di elettricità per le pompe idrauliche.

La voce di Gaza il Mondo sembrano essere i razzi lanciati verso Israele. Nel 2012 erano 1.500, soli 50 del 2013 tra i 2.500 e 3.000 nel 2014 mentre poche decine nel 2015 e 2016 e via fino ai circa 300 degli ultimi giorni.

Sembra che le sole volte che il Pianeta Terra sembra ricordare Gaza è quando la violenza erutta. Parliamo di Gaza. Dove vivono 1 milione e 800 mila persone. I palestinesi di Gaza sembrano essere usciti dal Pianeta Terra.

A chi giova tutto questo?
Il maggior indiziato per tutta questa escalation è Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano che si trova in un impasse politica incredibile. Quattro elezioni in altrettanti anni e sotto una mannaia giudiziaria pronta a decapitarlo.
 
Solo uno stato di Emegenza potrebbe farlo sopravvivere politicamente.
Prima di fallire nei negoziati per la formazione del nuovo governo sono partite le forti tensioni con forti limitazioni per i palestinesi di accedere alla Cisgiodania e alla spianata delle Moschee.
 
Continui botta e risposta per sopravvivere politicamente. Perchè non c’è altra soluzione che opprimere un popolo e tenerlo in silenzio per tanto tempo.
Forte di un contorno internazionale di normalizzazione delle relazioni internazionali frutto degli accordi di Abramo. Netanyahu detta la strategia Israele: “colpire duro il più forte possibile” perchè la risposta ai razzi è come deterrente quando un’operazione di terra alla striscia di Gaza non è in agenda.
 
Le accuse di corruzione abuso, d’ufficio e frode sono il vessillo della guerra. Un modo per distogliere le problematiche su di lui e sulla politica di mister Security, come viene appellato Netanyahu.
 
In tanti restano in silenzio o sono restii nel condannare: “Vantano gli stessi diritti di autodeterminazione sullo stesso territorio.
La responsabilità è anche di una politica caotica israeliana e di un politica palestinese da anni inesistente.”
 
Tutto giace però all’interno di una completa asimmetria di potere tra le due parti. Da una parte una potenza militare internazionale e occupante dei territori palestinesi; dall’altra le popolazioni, con una serie di formazioni politiche totalmente dipendenti in maniera economica, a livello politico, finanziario e di libertà di movimento da Israele.
 
Tutto questo per una terra. Per poter dire la mia terra!
 

Di Gianluca Pocceschi

scrittore, ricercatore indipendente e analista geopolitico. Nasce a Grosseto nel 1981. Negli anni accademici esplora l’Europa dalla Faculté des Lettres, Langues et Sciences Humaines di Angers. Si laurea in Relazioni Internazionali all’Università di Perugia e dopo studi sulla dissoluzione dell’ex Jugoslavia vola all’Ambasciata d’Italia a Belgrado.
Nei Balcani inizia a scrivere e dopo collaborazioni con testate online fonda geuropa.it
Frontiere senza nazioni è il suo esordio letterario.